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critico a cura di Angelo Andreotti
Un
televisore alla reception del Museo del Risorgimento e della Resistenza
di Ferrara ha lo schermo diviso in quattro parti, e ciascuna mostra le
stanze piantonate da occhi elettronici che, a turno, si alternano sul
video permettendo la sorveglianza del museo stesso. Normalmente le immagini
catturate vengono registrate su VHS che [è legge] vengono
conservate per un certo periodo di tempo e poi cancellate. Qui però
il fenomeno si è invertito. Il videoregistratore non registra,
ma trasmette un evento che è accaduto una volta, e continua ad
accadere ancora ogni qual volta qualcuno guarderà quello schermo.
[L'immagine è vera, ma la realtà è falsa; lo spettacolo
continua, ma è lo spettatore a deciderne l'esistenza]. Le immagini
trasmesse raccontano un evento che qualcuno ha fatto accadere una volta
per tutte, e mostrano un Bersagliere del Po con la sua divisa azzurra
e la croce gialla sul petto che si aggira per le stanze del Museo. Probabilmente
cerca qualcosa, forse la sua collocazione, la sua didascalia, la teca
nella quale depositarsi come ricordo, a memoria. In un riquadro dello
schermo c'è un telefono cellulare dentro a una teca a fianco di
una figura femminile a mo' di piantone, o di velina. Forse il cellulare
suona perché qualcuno [tu?] ha composto il numero e allora
il Bersagliere del Po lo sta cercando per rispondere. Ma il telefono suona
a vuoto perché nessuno, neppure lui, potrà sollevare la
teca e rispondere, e così non sapremo mai cosa avrebbe potuto dire
[forse neppure ciò che noi avremmo potuto chiedere]. Ma
non importa. Il gioco è proprio questo, ed è gioco serio,
talmente serio da spaventare. Pensaci: [Museo del Risorgimento e della
Resistenza, videosorveglianza, il fantasma di un ideale, una chiamata
senza risposta, forse una risposta senza chiamata].
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