Alberto Antonio Foresta
Nato a Caltanissetta il 12/12/1990 e cresciuto nella vicina San Cataldo, Alberto Antoio Foresta si appassiona fin dalla tenera età all’arte e in particolar modo alla pittura, grazie all’influenza del padre Vincenzo, anche lui pittore. Intraprende gli studi accademici presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, in cui consegue la laurea triennale in Didattica dell’Arte con la tesi Einfühlung, “Sentire dentro” l’opera d’arte. Il processo empatico tra oggetto artistico e spettatore attraverso la fisiognomica, l’empatia e le neuroscienze; prosegue gli studi teorici a Firenze, laureandosi in Storia dell’Arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, con la tesi dal titolo La critica d’arte di David Freedberg. Da “Il Potere delle immagini” alle neuroscienze;vive e lavora attualmente a Milano, luogo di inedite sperimentazioni e ricerche. Interessato alla società e alle sue contraddizioni, attraverso l’utilizzo di molteplici canali espressivi, dalla fotografia alla pittura, dall’installazione alla video-arte, mette in risalto, con sguardo critico o ironico, la naturale propensione alla quotidianità, agli affetti familiari, agli interessi e ai riferimenti culturali, ponendosi in una panoramica interpretativa più ampia. Nel corso degli anni è stato protagonista di personali e collettive artistiche; nel Dicembre 2014 è stato uno dei fondatori del “Collettivo Artistico Indipendente Contemporaneo MADRE”, di cui è membro insieme ad altri 10 artisti di diversa provenienza culturale. Il collettivo, curato da Marco Colombo e Francesca Rosini, ha intrapreso un progetto di mostra itinerante in differenti città sia intaliane che europee. Anacronisticamente malinconica, l’intera indagine di Foresta racchiude le speranze e le testimonianze delle ricerche artistiche del primo Novecento. Nei suoi colori è concentrata l’intenzione dei fauves. Nelle figure invece, è vivo il consumato ricordo sedimentato nella memoria delle sue esperienze di vita quotidiana, molto vicine ai consunti ritratti, autoritratti e amanti di Schiele. La continua ricerca in Foresta diventa nel tempo l’unica ragione esistenziale di praticare arte.Viene presto spostato l’ago storico, facendo un balzo in avanti fino alle ricerche dell’espressionismo astratto: con le grandi tele e le stesure di colore vibrante di Rothko, Gottlieb, Newman, Reinhardt e di tutti i rappresentanti del color fild painting. Tanti depositi culturali che trovando dimora in temi e spunti di ricerca, confluiscono, ad esempio, in opere costituite da deboli figure, come nella serie Buongiorno Hitler, o dai colori saturi e dai forti contrasti cromatici in campiture geometriche, in cui improvvisamente i contorni diventano talmente labili da svanire, come nell’opera Harmonia Mundi. Introducendo la sua opera, sempre in evoluzione e ricca di rimandi artistici, culturali, sociali e popolari, Foresta afferma: Sempre volto alla sperimentazione e all’evoluzione, il lavoro di Foresta vanta un corpus eterogeneo, poiché la produzione non si limita all’esclusivo utilizzo del medium pittorico, ma esonda anche in mezzi espressivi di diversa natura. Una particolare attenzione è rivolta all’utilizzo del colore e alla sua percezione, sfruttando forti contrasti cromatici e carichi di saturazione. Questa evidente voglia di indagare e utilizzare le diverse possibilità dell’arte è evidente nei diversi progetti fotografici, come nella serie Supplica a mia Madre, dall’immediato rimando pasoliniano, o nell’inedita serie Per mia colpa, per mia grandissima colpa, in cui Foresta si pone come portavoce di ambiguità e indagine sociale: l’uso di un bianco e nero dal gusto fortemente rétro si scontra con l’estetica contemporanea dell’incerto e dell’indefinito. Le fotografie, dal forte impianto accademico, vengono scardinate dalle esplosioni di colore e rese prive di nitidezza, fino ad inglobare l’osservatore, rendendolo protagonista assoluto della scena.