Giuseppina De Blasi
Giusi (Giuseppina) De Blasi (Alcamo, 1993) dipinge grandi formati alternando micro segni e grandi stesure di colore misurandosi con l’immaginario onirico e primario. Muovendosi sul doppio registro segnico gestuale la De Blasi apre a paesaggi psichici dove emergono le tracce di un substrato di ricordi, di cose, di immagini che si distribuiscono nello spazio del quadro, un tessuto allegorico della vicenda privata. Questa superficie, in verità debordante oltre i limiti del quadro, è più un campo di battaglia tra l’io cosciente e io profondo esposti sul piano dell’apparenza. Questa apparenza è però un vuoto, ossia è “la cosa” intesa in senso lacaniano quale oggetto indicibile perché estremamente reale. Questo caos è, cioè definibile soltanto dopo una circoscrizione di piccoli episodi visivi, che sono le tracce di un’integrità frantumata dal tempo e nel tempo trasfigurata. L’opera della De Blasi è, quindi, un contenitore di indizi che si mischiano ogni qual volta si va a cercare di dargli un significato univoco, in tal modo sfuggono di continuo a una visione d’insieme per presentarsi, alla fine, sotto forma di rete, di intreccio di connessioni.