Kalo Mancuso

· Kalo Mancuso
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kalogeromancuso@tiscali.it
Documentazione del lavoro.
· Breve nota biografica
Calogero Mancuso, in arte Kalo Mancuso, nasce a Basilea, nel 1976, cresce in Sicilia; dopo il diploma di maturità d'Arte Applicata presso l'Istituto Statale d'Arte "F. Juvara" di San Cataldo (CL) si forma all'Accademia di belle Arti di Roma conseguendo nel corso di decorazione una tesi su Francis Bacon che gli vale 110 e lode; segue quindi Corsi di abilitazione per la scuola secondaria, ambito dove attualmente opera.
Da alcuni anni è insegnante di materie artistiche in Palazzolo sull’ Oglio (BS).
La sua prima personale di un certo rilievo risale al 1998 (Galleria “Zoe Spazio Arte” di Roma).
Lo spazio, la luce, la forma, contribuiscono a determinare un paesaggio da uno stile più astratto e sperimentale a uno più poetico, legato alla rivalutazione della figura umana, compresi noi e la nostra anima, formati da particelle materiali dette atomi (letteralmente la parola “atomo” significa: “la cosa più piccola e semplice di tutte, ciò che non è più divisibile”).
Gli atomi nell’opera cadono incessantemente nel vuoto e di tanto in tanto si incrociano gli uni con gli altri, si uniscono e formano cose: alberi, stelle, corpi umani, anime, qualunque cosa. Dopo di che tornano a separarsi e riprendono a cadere fino a comporsi in nuove combinazioni. Quando gli atomi dei nostri corpi e quelli più fini e sottili della nostra anima (le monadi) si uniscono, cominciamo a vivere; quando si separano per effetto dello stesso caso che li aveva uniti, moriamo.
Nel mio lavoro tutta la realtà è composta da monadi, sorta di atomi spirituali, semplici, che non hanno estensione e dunque sono indivisibili. Ogni monade è diversa dalle altre e tutte sono state create direttamente da Dio, il quale è anche l’unico che può distruggerle. Le monadi sono come piccoli mondi completi e chiusi in sé stessi: non hanno finestre, cioè non comunicano tra loro, ma sono tutte coordinate e ciascuna di esse contiene dentro di sé la rappresentazione più o meno confusa (sono tutte diverse) dell’insieme dell’Universo. Un tale accordo è possibile grazie “all’armonia prestabilita determinata da Dio”. Le monadi spirituali si reggono su meccanismi materiali.
L’osservatore non è disturbato da immagini violente o sessuali esplicite, ma viene trasportato in un “particolare” spazio ambientale scenico che svela il mio animo che con energia cerca di catturare quella primigenia “essenza istintiva della natura”, così viva e palpabile; rintracciabile nella sua versione più pura nel mondo vegetale e animale. Per la genesi dell’opera prendo spunto dalle false immagini che ci circondano (foto, “frammenti” di riviste, rotocalchi, inserendo a un certo punto, lo scontro tra il vero significato del reale e la falsità che invece le immagini vogliono trasmettere; per far ciò, inserisco all’interno dell’immagine figurativa dipinta (utilizzando materiali a basso impatto ambientale: Carte, legno riciclato), tratti liberi, astratti, dripping, privi di ogni significato razionale, distruggendo in alcuni casi la figurazione nascente e lasciando spazio alla scoperta di una nuova immagine visiva, pulsante vita nuova.
· Di Gian Piero Prassi
Kalo Mancuso si forma all’Accademia di Belle Arti di Roma, conseguendo il diploma nel corso di decorazione con una tesi su Francis Bacon che gli vale 110 e lode. Segue successivamente anche corsi di abilitazione per la scuola Secondaria, ambito in cui attualmente opera. La sua prima personale di un certo rilievo risale al 1998 (Galleria “Zoe Spazio Arte” di Roma).
La sua pittura è una radice che scava in diramazioni sotterranee, ora nella roccia della solitudine umana, ora nell’argilla rossa dei sentimenti... Molti suoi dipinti richiamano anche nella forma la
morfologia delle radici e gli strati in cui esse affondano sono quelli dell’anima. La metafora “diramatoria” funziona anche quando si esaminano le modalità espressive. Ora si affida totalmente
all’informale, ora ritorna alla forma, ancora fa convivere diversi stadi di figurazione: l’astrazione geometrica, paesaggio della mente “inseminata” dalle sensazioni e dall’emotività, custodisce in sé l’eco del mondo esterno che è però da scoprire, intuire.
Ecco come egli stesso esprime le linee principali della propria azione: «Nel mio lavoro cerco di confrontarmi con la storia dell’uomo, con le sue passioni, le sue sofferenze, con la malinconia
che attanaglia l’animo, e soprattutto con la sua forza di esistere. Per la genesi delle opere prendo spunto dalle false immagini che ci circondano inserendo, a un certo punto, lo scontro tra il
vero significato del reale e la falsità che invece vogliono trasmettere; per far ciò, inserisco all’interno dell’immagine dipinta tratti liberi, astratti e privi di ogni significato, distruggendo
in alcuni casi la figurazione e lasciando spazio alla scoperta di una nuova immagine visiva nascente». Altre volte gli elementi figurativi gravitano intorno ad un centro
che non si vede eppure si comprende che esiste. Nelle opere recenti è proprio questa modalità ad emergere, grazie anche ad una notevole evoluzione nello stile e nella tecnica, che lo porta
a padroneggiare sempre di più sia la materia che il segno. I suoi dipinti attuali sono arabeschi, con una “calligrafia” capace di creare “storie” cariche di simbologie. Il marcato sviluppo verticale
ha il sapore di una scelta ben precisa. Diremmo una tensione verso l’alto, ma poi ritorna il gioco degli opposti: non è forse una discesa lungo la faglia di rottura dell’inconscio, una “ruina”
dal sapore dantesco provocata dalla “caduta dell’angelo”? Un’ambivalenza che si avverte nel ricciolo che si inerpica nell’atmosfera, composto da minutissimi dettagli di forme artificiali-
naturali. Mentre più dichiaratamente “celeste” è la composizione con figure che tendono al cielo, arrampicandosi verso un turbine che potrebbe essere chi? Nella sua nuova stagione
Mancuso esalta il gesto pittorico, che si fa evocazione poetica (il borgo dominato da una sfera celeste che può essere sia luna che sole). Si evolve anche il gusto geometrico, iterato in moduli
ripetuti, il più ricorrente è il vortice, un elemento che va a costruire per accumulo forme di concezione frattale e che concentra in sé l’inconscio, la forza creatrice della natura.
Le influenze sono le più diverse, come si conviene a chi ha meditato a lungo sulla storia dell’arte. Dai tratti di certe parti anatomiche residua la tradizione dei Piero Della Francesca, dei
Giotto, che convive con dicotomie picassiane, guizzi futuristi, profonde anse nel surrealismo. Echi che accompagnano un cammino che ormai è estremamente caratterizzato in uno stile che è
suo, inconfondibilmente “made in Mancuso”.
· Il giudizio di Paolo Levi
Kalo Mancuso è un intellettuale del segno pittorico, dove prevale il nero come sonorità visiva portante.
Si può ben scrivere che egli rende in chiave oggettiva il dolore esistenziale collettivo tramite un operare per immagini arcane, dove l’immanenza ìnfera pare tendere a un’irraggiungibile meta luminescente. L’artista è quanto mai abile nel costruire situazioni misteriche di segni implosivi, di grovigli dinamici meditati che rimandano in parte alla stagione informale statunitense degli anni ’50 e d’altra parte, all’espressionismo tardo di maestri austriaci come Hunderwasser.
Kalo Mancuso porta alla ribalta da un inconscio inquieto situazioni ribollenti e drammatiche, che sembrano invocare l’evento salvifico di una potenza superiore: così si percepiscono i motivi di certi inaspettati chiarori che si schiudono nella parte alta dei suoi impaginati. Se si avverte l’impulsività di una sorta di scrittura automatica, nel suo comporre si impone tuttavia l’emozione di un poeta visionario, che sa controllare la sua gestualità, per modularla sui ritmi armoniosi di un’inventiva costantemente rinnovata.
In questo artista si rilevano preziosità grafiche del tutto proprie e tecnicamente laboriose, che si dipanano in un magma con pochi ma decisi colori. Egli mette in scena metamorfosi primordiali di tracce pulsanti, compiute come pensieri indicibili, affidandone la non facile codificazione all’attento osservatore. Grazie a questo costruttore di immagini drammatiche siamo costretti a intraprendere un viaggio del tutto interiore, indagando sul male che ci portiamo dentro.
Pittore di scuola simbolista, egli ama le correlazioni, le coincidenze e gli inciampi che appartengono al destino dell’uomo. Per questo, senza azzerare il riconoscibile, Mancuso lascia trasparire presenze figurali che sembrano alludere a embrioni in cerca di un’impossibile rinascita.
· GLI OCCHIELLI DI MANCUSO
Prof. Felice Labianca
Le opere di Mancuso, ad una prima analisi, si collocano all’interno del panorama artistico mondiale
tra i due margini della pittura moderna: l’astrattismo e l’informale. All’interno di questi capisaldi, libero da impostazioni preordinate e condizionamenti culturali, si muovono sempre
piu verso il fronte dell’arte informale. L’opera è uno spazio di energia, aperto, all’interno
del quale si aggregano e si mobilitano dei segni ripetitivi “gli occhielli” che si addensano, si
disperdono e si dissolvono in un dinamismo non solo frutto di impulso espressivo, ma anche di
competenza scientifica dei linguaggi iconici dove la tecnica ha ancora una sua validità espressiva.
Nel suo ultimo lavoro, il segno grafico informale valica il confine della scrittura fondendosi con
essa in un tutt’uno dove il simbolo segnico e alfabetico “l’occhiello”, primordiale mandala, diventa
la matrice di base della sua opera. Rispetto alla pittura segnica italiana dei Sanfilippo, di Carla Accardi, di Capogrossi, tanto per citarne alcuni, mantiene una sua peculiarità espressiva; ad un groviglio di frammenti materici perimetrati da profondi solchi neri (posti quasi
sempre nella parte centrale del quadro) liberandosi all’esterno in uno spazio più libero, meno caotico e ansimante, come se fosse alla ricerca di una tranquillità interiore.
Questo modo convettore continuo: grovigli, caos, dispersione, dissolvenza, tranquillità formale è
l’anima essenziale di tutto il suo lavoro. Questo continuum di alternanze da origine e vita
ai suoi quadri, così come la vita stessa è un continuum di fatti e avvenimenti, ora felici, ora tristi,
ora drammatici, nessuno dei quadri puo esistere senza la coesistenza con gli altri. Gli “occhielli”
esprimono simbolicamente il senso dell’io e manifestano nel tracciarli sia gli aspetti della
volontà, sia quelli del sentimento, sia quelli dell’intelligenza; rappresentano in poche parole il
modo attraverso il quale razionalizza e traduce visivamente i suoi moti interni e gli impulsi,
approfondendo i rapporti con il suo essere e con gli altri. Spesso questo genere di pittura, che ha
come base il segno, tende ad evolversi secondo due direttrici possibili: la prima impulsiva ed
istintiva di tipo gestuale, dove e il gesto a prevalere sulla forma segnica, la seconda piu scientifica riconosce al segno un suo codice espressivo con valori formali dotati di proprie valenze comunicative e estetiche. Quale sarà la strada che Mancuso deciderà di percorrere nel futuro prossimo è difficile da ipotizzare, anche se la gestualità e l’impulso pittorico già presente in alcune parti compositive dei suoi dipinti lascia presupporre il suo approdo nel grande porto della pittura gestuale, che ha i suoi caposcuola in Pollock, Kline, Rothko, De Kooning.
L’unica certezza che oggi abbiamo è l’elevata qualità delle opere di Mancuso e la facile previsione
di un suo futuro artistico ricco di conferme e di riconoscimenti.
· LE FANTASIE ONIRICHE DI MANCUSO
Prof. Sergio Dotti
Kalo Mancuso è un pittore le cui opere richiedono un attento sguardo. a prima vista i suoi dipinti, o
quanto meno le sue allucinazioni, ricordano i quadri del neoespressionismo tedesco e del primo
espressionismo americano. A un secondo sguardo lo spettatore si rende conto che l’artista ha caricato le sue immagini seducenti di una concezione della bellezza e della moralità assolutamente
moderne. In contesti apparentemente astratti con rimandi descrittivi a fantasie oniriche a colori
sognati in un micro mondo fantastico, ricco di prospettive contorte, tra commistione di sogno e
normalità.
· Mostre
1995 – Mostra personale “S. Giovanni Bosco” Milena (CL).
1997 – Mostra personale “Galleria Fidia di Arte Moderna” Roma.
1998 – Mostra personale “Zoe Spazio Arte” Roma.
1998 – Mostra collettiva“dell’Immagine Postale”, Comune di Belvedere Ostiense (AN).
1998 – Mostra collettiva “Interno 7”, Associazione Culturale, Roma.
1999 – Mostra collettiva Comune Colonnella (TE).
2000 – Mostra collettiva Gallery dell’Associazione Culturale “La Cuba d’Oro” Roma.
2000 – Mostra collettiva Galleria dell’Associazione Culturale “Artemisia” Roma.
2003 – Mostra personale “Zoe Spazio Arte” Roma.
2007 – Mostra personale Biblioteca Comunale di Milena (CL).
2008 – Mostra collettiva – IV Edizione – L’Etnia di Milocca alla Koinè di Milena.
2009 – Mostra personale “Centro Artistico e Culturale” di Palazzolo S/O (BS).
2009 – Mostra personale Art & Wine Gallery – Arte Contemporanea Prarolo (Vercelli).
2009 – Testo critico di Paolo Levi su Art & Wine Magazine.
2010 – Mostra personale al Galetèr, Montichiari (BS).
2010 – Mostra personale Polo Cult. Biblioteca G. U. Lanfranchi – Associazione Culturale - “Il Maestrale”, Palazzolo sull’Oglio (Bs).
2010/11 – Selezione speciale Galleria Spazio/MUSAE , Milano.
2011 – Mostra personale presso “Oselanda” – Paratico (Bs).
2011 – Mostra personale presso “VILLA CRESPIA - FESTIVAL FRANCIACORTA IN CANTINA 2011” – Adro (Bs).
2011 – Selezione speciale Galleria Spazio/MUSAE, Trento.