Su di una sponda amara
Su di una sponda amara
Su di una sponda amara ammiro incerto partenze di navi solcare i seni delle onde, e già cantano i marinai inni al povero Celeste.
Fuor dai miei confini invisibili così lento m’incammino tra ancore e foschie; sfumano contorni e volti sconosciuti.
Soggiogando il fato si rincorrono nei fondali le creature marine, e divengo il triste compagno di giochi d’un pavone solitario.
E lascio sfrondare questa notte di pietra divenendo giardino e giardiniere dei miei silenzi, tessitore di umani oceani.
Così volgo a lacrimare mille patrie lungo alti cipressi, a rivestire il sole di maggio dell’ansimare dell’infinito.
E questo giallo sbiadire di campi e sentieri si fan pesanti in petto come un temporale dentro l’animo che duole di pene.
Tra alti pendii scoscesi reclama il silenzio un dolce rimpatrio, e già rivedo nuove sponde nella rotta dell’amaro ritorno.