NINO GVILIA / GIULIA DEVAL, BORDOVACH XAVIER ZEVI, CARAMELLI PIETRO
NINO GVILIA / GIULIA DEVAL, BORDOVACH XAVIER ZEVI, CARAMELLI PIETRO
Olanda / Den Haag - Netherlands
IL PROGETTO
Tour internazionale per la presentazione del disco Nicole / Overwhelmed by the Unexplained pubblicato da Hive Mind Records (UK). Tappe > Ceda I Olgica Foundation, .O.O.I. OP - Oostum Church (Groningen); Bobby Kinghe / DS17 (Dordrecht); De Boog (Rotterdam); De Gelderlandfabriek (Culemborg). La musica di Nino Gvilia è influenzata da folk e minimalismo, fa uso di nastri magnetici, field recordings, voci di filosofe, una serie di strumenti dalla texture vintage e canoni corali. Un percorso tra Italia e Olanda in location non convenzionali in linea con le tematiche ecologiche delle canzoni e spazi ibridi votati all'interdisciplinarietà dove grande rilevanza sarà data alla spazializzazione e alla relazione del progetto con il contesto ospitante.
ENTE OSPITANTE
La Gelderlandfabriek è sinonimo di attività a Culemborg. Questa ex fabbrica di mobili vicino alla stazione è da molti anni un luogo di lavoro autonomo creativo. Gli "operai della fabbrica" hanno creato qui i loro spazi di lavoro e hanno sviluppato un progetto per il futuro. Nella rimessa locomotive è stato ricavato spazio per la collaborazione con il ristorante una Volta. Tutto questo ha costituito gli ingredienti per uno sviluppo di successo. Dopo 5 anni, la Gelderlandfabriek è ora il punto d'incontro per visitatori del ristorante, produttori di teatro, designer, artisti e altri creativi. Oltre a mostre, workshop e programmazione annuale, la De Gelderlandfabriek può essere affittata, tra le altre cose, per eventi e servizi fotografici.
Altre tappe del progetto > Ceda I Olgica Foundation, .O.O.I. OP - Oostum Church (Groningen); Bobby Kinghe / DS17 (Dordrecht); De Boog (Rotterdam).
Come ti presenteresti a uno sconosciuto? Racconta chi sei, da dove vieni e cosa fai nella vita.
Mi chiamo Giulia, sono nata e cresciuta a Torino e per descrivere ciò che faccio ho scelto le espressioni “cantante” e “sound artist”. Effettivamente lavoro principalmente con la voce e con il suono seguendo un approccio fortemente interdisciplinare.
Mi piacciono in particolare le storie e sto lavorando principalmente a quella di Nino Gvilia, una cantautrice immaginaria che mi piace impersonare in un esperimento un po’ folle tra musica folk e mockumentary.
Come ti sei avvicinato all’arte? C’è un episodio in particolare da cui è partito tutto o è stato un processo più graduale?
Non lo so in realtà, è sempre più o meno stato così… in famiglia c’erano persone serie che si dedicavano a cose serie e poi c’ero io che facevo le mie cose un po’ strane.
Nessuno mi ha ostacolato, anzi credo di essere stata incoraggiata in qualche modo, ma la parola “arte” e “artista” mi sono state appioppate. Le ho abbracciate dopo alcuni anni per amore di sintesi ma trovo ancora difficile dare un nome a ciò che faccio.
Qual è stato il tuo percorso di formazione in ambito artistico?
Mi sono laureata in Arti Visive all’Accademia di Brera e successivamente ho conseguito la magistrale in Discipline della Musica e del Teatro (DAMS) a Bologna, studiando parallelamente la voce in percorsi paralleli.
Musica e arti visive sono sempre state presenti nel mio percorso, intrallacciandosi in modi inconsueti, talvolta rocamboleschi.
Ho spesso sentito come una carenza il non saper scegliere, ma le discipline mi sembravano al contempo delle scatole troppo rigide. Ho seguito un’esigenza creativa che si articolava in modo disordinato, nomadico… se un segno si trasformava in danza, o la parola in canto, lasciavo fare. Mi sembrava però che la scrittura potesse contenere questi mondi e creare una continuità.
La narrativa, la fiction e il mockumentary (come nel caso di Nino Gvilia, progetto vincitore di Movin Up) sono contenitori che un po’ mi diverto a creare per tenere insieme diversi linguaggi che mi piace esplorare. E’ un po’ una faticaccia, perché se ti viene in mente di fare un’installazione in certo modo allora devi studiare come si fa, ti ritrovi di colpo di fronte a qualcosa di cui ignoravi l’esistenza e che va creandosi delle sue regole precise… ma è anche il lato divertente!
Se dovessi trovare un aspetto del tuo modo di fare arte che ti contraddistingue, quale sarebbe?
Quasi tutti i miei progetti nascono da libri… il ché potrebbe essere anche super noioso per qualcuno. C’è una parte istintuale che viene preservata, ma è soprattutto l’ideazione e la progettazione o, ancora una volta, la scrittura – della scena, dello spazio, di un testo da mettere in voce – a interessarmi di più. Vagliare le infinite possibilità attraverso cui un nodo tematico che ha colpito la mia attenzione può incontrare il pubblico mi stimola molto.
La stessa idea può diventare una canzone o un ambiente da abitare… una parola può essere sussurrata all’orecchio di uno spettatore per volta o gridata… tutto questo lavoro di cesellamento, molto artigianale, fa parte della mia attività quotidiana.
Parlaci del progetto selezionato da Movin’Up e di come è nata l’idea di questa esperienza all’estero.
Come ho accennato prima, Nino Gvilia è il nome di una cantautrice che mi sono divertita a immaginare, un alter ego con una propria biografia (per esempio è nata a Poti, vicino al Lago Paliastomi in Georgia) e un suo repertorio di canzoni.
Il progetto ha quindi una duplice veste, da un lato è un progetto performativo basato su false interviste e la creazione di alcune clip mockumentary sulla sua vita (a cura dell’altrettanto immaginario regista Edmund LaVache / Pietro Caramelli), dall’altro è un vero e proprio progetto musicale.
Le canzoni hanno sempre un po’ fatto parte del mio mondo, ma sentivo che non c’era un vero e proprio spazio nel contesto più legato all’arte in cui solitamente lavoro per loro… ingiustamente a mio avviso, le canzoni sono un po’ bistrattate e non considerate… così le ho messe in mano a Nino Gvilia che porta avanti una riflessione proprio su questo e sulla natura del songwriting ai tempi di una crisi globale.
Dopo aver scritto le canzoni ho iniziato a suonare insieme ai due polistrumentisti, e amici, Zevi Bordovach e Pietro Caramelli che hanno curato parte degli arrangiamenti e della produzione. A loro si sono aggiunte Giulia Pecora al violino e Clarissa Marino al violoncello. Abbiamo così registrato il primo album di Nino Gvilia “Nicole / Overwhelmed by the Unexplained” all’O.F.F. Studio di Paul Beauchamp, pubblicato dall’etichetta inglese Hive Mind Records lo scorso 8 Marzo.
Lo stiamo portando in giro sia nella formazione trio che quintetto e grazie a Movin Up abbiamo sostenuto le spese di viaggio e di produzione di un tour in Olanda che abbiamo fatto Zevi Bordovach, Pietro Caramelli ed io, in particolare perché Pietro Caramelli sta attualmente frequentando il master “New Audiences and Innovative Practice” presso il Conservatorio dell’Aia.
Cos’hai portato a casa da questo viaggio? Un ricordo, un insegnamento, cos’è che conservi ancora oggi da allora?
Il viaggio si è articolato in cinque città diverse e in location davvero speciali che hanno valorizzato, ognuna in modo diverso, le peculiarità acustiche ed elettroniche del progetto.
La ragione principale del tour è stata l’invito da parte del chitarrista olandese Hansko Visser a suonare in una chiesa romanica del XIII secolo nella cittadina di Groningen, Oostum Church. Questo concerto è stato davvero speciale, soprattutto perché è stato aperto dalla performance solistica di Seamus Cater, voce e concertina (piccola fisarmonica) che ci ha davvero impressionati ed emozionati. Una cosa bella che ci portiamo a casa è l’incontro con questo incredibile musicista, oltre che con Hansko, amico di vecchia data, a cui vogliamo tutti molto bene e che stimiamo molto per il coraggio e la perseveranza nell’organizzare eventi di musica sperimentale in luoghi lontani dal consumo e dal turismo.
Successivamente ci siamo spostati a Dordrecht, dove abbiamo suonato al DS17, una bellissima venue composta da uno spazio concerti e laboratori di pittura. Dal palco agli spalti tutto è stato costruito in modo creativo con materiali di recupero dalla comunità del DS17 che ci ha accolti dipingendo sul muro la scritta “Nino Gvilia”.
Tappa successiva è stata la rassegna Tiny Terrace a casa di Sophie, una casa bellissima con vista sui canali di Amsterdam dove abbiamo suonato in forma intima per un numero ristretto di persone tra cui alcuni musicisti di Amsterdam che avevamo conosciuto in viaggi precedenti e che ci hanno dato buoni feedback sul progetto.
Siamo poi partiti per Rotterdam dove abbiamo avuto l’onore di aprire l’attività concertistica di De Boog, una vecchia e affascinantissima stamperia, dove un gruppo di giovani creativi anima la città con proposte sperimentali che vanno dal suono alle arti visive.
E infine ci siamo spostati a Culemborg per suonare a De Gelderlandfabriek, una vecchia officina ferroviaria occupata negli anni ’80 da un gruppo di artisti e convertita con il supporto della Città in polo delle arti.
Abbiamo quindi avuto modo di osservare una realtà virtuosa nata da una storia di lotta supportata da istituzioni che rendono possibile ai cittadini trasformare luoghi abbandonati in beni comuni… ci piacerebbe davvero tanto se un modello simile si potesse replicare in Italia!
Cosa vedi nel tuo futuro di artista? Qual è, se c’è, il sogno che vorresti realizzare?
L’importante è conservare sempre uno sguardo poetico sulle cose quotidiane… vista la desolazione culturale, economica e civile che ci circonda, questo mi sembra un lavoro e un imperativo.
Il sogno è poter continuare collettivamente questa lotta contro la bruttezza che sta governando questo paese.