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O più semplicemente era lei la spiacevole situazione, la sua travisata e considerata troppo scontata trasparenza. La paura d'essere letta, capita e costretta ad una conversione spirituale già inizialmente opinabile non l'aiutava a rendersi importante. Considerava ammirevole la capacità di plasmarsi attraverso le persone perché desiderava conoscere, non conoscersi. La sua attenzione era completamente focalizzata su ciò che non l'apparteneva, su ciò che facilmente riusciva a trovare spiegazione, risoluzione. Così tante persone dentro di lei e nessuna disposta a farle compagnia. Talmente frustrata dal suo animo in continua evoluzione da voler bere in quel caffè il suo futuro, d'un sorso, leccando avidamente il fondo, cercando di capire quante altre vite sarebbe stata, quanta altra conoscenza non di sé avrebbe avuto. Voleva sentire ancora più vicino il suo dolore, renderlo insopportabile. Forse invece aveva voglia di opporsi con un categorico e tuonante 'no' a tutto ciò che appena un'ora prima era riuscita a scolarsi in perfetta assordante crisi. Se qualcuno l'avesse vista avrebbe pensato che fosse sull'orlo di una rottura definitiva con se stessa, ecco, si sarebbe sbagliato. Era tutt'altro, era alle presentazioni, iniziava a conoscersi. Trovava quella nuova appena plasmata immagine di sé la persona più sconvolgente con la quale avesse diviso l'aria. Stesso corpo. Si sentiva attratta dalla vita, dalla sua, era spaventata, considerava questo bisogno una distrazione improvvisa, irrefrenabile e assolutamente condannabile. Voleva riuscire a starsi lontana, questa situazione non glielo permetteva. Era nuovamente cambiata, adesso era indivisa. Spossante perdita di ciò che credeva pienezza. Fu incapace di evitare l'impatto, tagliente benessere insolito. Una stabile certezza di ciò che era iniziava frettolosamente ad instaurarsi. Ebbra di vita, era riuscita a salvarsi.