Ti sei mai chiesto dove saresti potuto atterrare se non avessi mai imparato a scrivere

Ti sei mai chiesto dove saresti potuto atterrare se non avessi mai imparato a scrivere

IL lavoro che ho realizzato per L’Urlo di Mamma Gravina comincia con una serie di incontri con gli organizzatori, gli abitanti del quartiere, gli artisti e tutti coloro che stanno cercando di mettere in atto un cambiamento nel modo di vivere la propria città. L’evento è essenzialmente una serie di giornate per promuovere le attività di Palazzo MG, un centro culturale sito nel mezzo di un quartiere del centro storico, ma periferico per condizioni in cui versa. Le case, le cantine, le stradine sono da molti anni abbandonate a loro stesse, vi è comunque una forte presenza di anziani e alcune giovani coppie che credono nell’idea di riscoprire un certo style of ilfe. Una volontà di rivalutazione che attraversa le persone senza limiti di età, ceto sociale, appartenenza. Artisti, simpatizzanti, musicisti, creativi, ognuno con il suo ruolo e la consapevolezza di aver uno spazio ritagliato da condividere, un vero e proprio bene relazionale in atto. Nel mio lavoro ho voluto svolgere uno studio qualitativo sul concetto di comunità in un contesto urbano, che autonomamente si riappropria non solo degli spazi ma anche dei modelli di vita basati su rapporti di vicinato. Ho voluto perciò raccontare la comunità che coopera chiedendo ad ognuno di disegnare un segno che avrebbe poi costruito un alfabeto con cui poter riscrivere la loro storia e quella della loro comunità. Tutti hanno subito capito l’impossibilità di poter scrivere realmente e comunicare al di fuori la propria visione di cambiamento con dei segni che non avessero una corrispondenza con un linguaggio riconosciuto, così nel momento in cui imprimevano il loro personale segno già creavano un mondo di significati, nonostante avessi chiesto loro che il segno dovesse essere il più semplice e minimalista possibile. E’ ben chiaro che le lettere dell’alfabeto sono le persone stesse, che con la condivisione delle loro diverse visioni possono attivare una serie di processi complessi, potenzialmente infiniti, come un linguaggio. L’ alfabeto in questo senso è il risultato di una data aggregazione in un dato momento storico, dove ognuno è al tempo stesso lettera e autore e dove la comprensione di se stessi in rapporto al contesto in cui si vive è un processo di autorialfabetizzazione continua. Oggi è ormai un dato di fatto che questo processo di collocarsi all’interno del mondo e modificarlo, partecipandolo e riscrivendolo, avviene tramite i social network, che sempre di più influiscono sulla maniera in cui si formano le nostre opinioni. Se dunque nell’epoca del web 2.0 siamo all’ estensione virtuale della socialità, il segno impresso materialmente può essere considerato non solo come un gesto primitivo di trasmissione di significati, ed è fatalmente un caso che ciò sia avvenuto nella città di Gravina caratterizzata da pietre, grotte e cantine, ma anche la trasposizione fisica di ciò che avviene virtualmente sui social network, un insieme di segni impressi che rimangono nella rete e con i quali costruiamo le nostre opinioni, il nostro futuro, il nostro mondo. Francesco Lomonaco